La fobia sociale
Nella fobia sociale il soggetto teme di essere valutato, oppure di fare o dire qualcosa di imbarazzante e che le proprie prestazioni e comportamenti lo possano esporre a valutazioni negative da parte degli altri. Il timore centrale della fobia sociale è quello di essere giudicati ansiosi, deboli, impacciati, stupidi, sciocchi o inadeguati.
Il concetto del timore del giudizio degli altri è il nucleo centrale per questo tipo di disturbo, tanto da essere un elemento fondamentale sia nell’eziologia che nel suo mantenimento (Wells e Clark, 1997). Questo timore può essere tanto forte da produrre sensazioni di disagio molto intense (es: palpitazioni, tremori, sudorazione, malessere gastrointestinale, dissenteria, tensione muscolare, confusione) che possono provocare veri e propri attacchi di panico. Il timore esagerato del giudizio degli altri impedisce l’autoesposizione e più i comportamenti di evitamento si generalizzano, maggiormente il disturbo diventa invalidante: si sviluppano così sentimenti di inadeguatezza ed inferiorità che, a loro volta, riducono l’autostima ed aumentano la tendenza a percepire se stesso come incapace e gli altri come critici e rifiutanti.
L’evitamento è il comportamento più evidente nella fobia sociale. Le situazioni sociali che causano l’ansia possono essere di interazione personale come ad esempio: parlare con uno sconosciuto, parlare di fronte a un gruppo di persone e sostenere una conversazione con un gruppo o con una singola persona o di prestazione come ad esempio: intervenire durante una riunione di lavoro, firmare e fare presentazioni in incontri. Anche altre situazioni che comportano la possibilità di essere valutati possono scatenare l’ansia, ad esempio: fare la coda, mangiare o bere in pubblico, usare il telefono in pubblico, prendere mezzi pubblici e frequentare luoghi affollati, compresi negozi e cinema ( Turner e Beidel, 1989;MAnuzza et al.,1995). Talvolta, l’ansia e l’evitamento riguardano una sola situazione sociale (in questo caso si parla di fobia sociale circoscritta), ma più frequentemente si presentano in più situazioni ( in questo caso si parla di fobia sociale generalizzata).
Secondo il DSM 5, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (DSM-5, APA 2013), i sintomi della fobia sociale o disturbo d’ansia sociale sono i seguenti:
- Marcata paura o ansia rispetto a una o più situazioni sociali in cui l’individuo è esposto al possibile giudizio degli altri
- L’individuo teme di mostrare i sintomi di ansia e che verranno valutati negativamente (umiliazione, imbarazzo)
- Le situazioni sociali provocano quasi sempre paura o ansia
- Le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia
- La paura o ansia è sproporzionata alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale e al contesto socio-culturale
- La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti del funzionamento
Le cause che portano a sviluppare una fobia sociale non sono ancora del tutto comprese. Come per altri disturbi psichiatrici comunque le cause del disturbo sono multifattoriali. Sono compresi, quindi sia fattori genetico- biologici, dove alcune ricerche hanno indicato la presenza di una predisposizione ereditaria generica ai disturbi d’ansia (Andrews et al., 1990°; Kendler et al., 1992°; Manuzza et al., 1995; Beidel, 1998) e sia da fattori ambientali e psicologici nei quali, è compreso il vissuto soggettivo di ciascuno e le specifiche modalità di regolazione emotiva e di relazione con il mondo e con gli altri che apprendiamo fin dall’infanzia nel nostro contesto di vita.
La fobia sociale è molto diffusa, infatti, si stima che circa il 7-13% delle persone sperimentino, nell’arco della loro vita, i sintomi di questo disturbo (Keller MB, 2003; Schneier, 2006). L’ansia sociale può presentarsi in comorbidità con altri disturbi psichiatrici, in particolare altri disturbi d’ansia e disturbi depressivi. La fobia sociale esordisce in genere nella prima adolescenza (Stein, 2008) ed è presente in misura maggiore nel sesso femminile (circa il 60%) rispetto a quello maschile (Ruscio et al., 2008).
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