ADHD: dall’età evolutiva all’età adulta
Uno studio condotto in Inghilterra (Young S., 2019) ha dichiarato come solo il 7% dei comuni indagati (12 su 174 totali) sia in grado di dare un numero approssimativo di individui adulti con un Disturbo da Deficit di Attenzione e di Iperattività (ADHD), mentre circa il 5% non è in grado di prestare una presa in carico per l’ADHD in tutte le fasce d’età.
La presa in carico di individui con ADHD in età adulta risulta ancora oggi complessa: gli utenti con ADHD, se paragonati ad individui con altre diagnosi, hanno maggiori probabilità di non essere inviati ad una successiva presa in carico presso i servizi per adulti dopo il compimento dei 18 anni e, pertanto, molti di loro continuano ad essere presi in carico presso i servizi territoriali per l’età evolutiva.
La presa in carico dei ragazzi e adulti presso i servizi territoriali risulta indispensabile in quanto circa il 60-70% degli adulti continua a manifestare una sintomatologia “residua” (prevalentemente disorganizzazione, smemoratezza, problemi nella gestione del tempo, decisioni impulsive, problemi alla guida, relazioni instabili e uso di sostanze; Kooij & Francken, DIVA Foundation, 2010 ).
Inoltre, non va sottovalutata la sempre più frequente comorbidità con altre patologie (circa il 70% degli individui con ADHD) che meritano una presa in carico, quali disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbo da uso di sostanze e disturbi di personalità, che aggravano il quadro e la sintomatologia.
Non bisogna sottovalutare, quindi, l’uscita dall’età evolutiva, in particolare in queste situazioni, e gli esperti ritengono utile completare il passaggio dai servizi di presa in carico per età evolutiva a quelli per età adulta ENTRO i 18 anni, pianificandolo in anticipo e favorendo la collaborazione tra gli specialisti dei due servizi (Kooij et al. 2019).